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Sant'Angelo dei Lombardi: Storia, cultura e tradizioni sotto il cielo d’Irpinia
Sant’Angelo dei Lombardi è un bellissimo paese dell’Alta Irpinia situato in prossimità di uno sperone che insiste sulla linea spartiacque della dorsale appenninica. Esso, infatti, divide la valle d’Ansanto, solcata dal fiume Fredane, un affluente del Calore, ed il versante di sinistra della vallata dell’Ofanto nel suo tratto iniziale. Secondo le tesi di alcuni storici il nome del paese riflette il culto di San Michele Arcangelo a cui erano particolarmente devote, dopo la loro conversione al Cristianesimo, le popolazioni Longobarde. La tradizione storica ritiene che siano stati proprio questi popoli a dare origine al centro abitato durante l’Alto Medioevo.
STORIA DEL PAESE
Le prime testimonianze - Secondo testimonianze storiche, il territorio di Sant’Angelo dei Lombardi si può ritenere abitato già prima dell’era volgare sia perché si trova a metà strada tra due località di grande importanza storica per l’intera regione, le antiche città di Compsa (Conza della Campania) e di Aeclanum (Mirabella Eclano), sia perché non sono pochi i reperti archeologici ed epigrafi rinvenuti nel territorio. Dovrebbe risalire alla seconda metà del IX secolo la costruzione del Castello di Sant’Angelo nonché dei vicini fortilizi di Torella, Monticchio e Guardia. Questi quattro castelli, infatti, furono edificati per motivi di difesa lungo la linea di confine del Gastaldato di Conza che faceva parte del Principato di Salerno.
La nascita della Diocesi - Non si può ipotizzare con assoluta certezza quando Sant’Angelo sia divenuto sede diocesana. Si può supporre, però, che tale evento sia avvenuto dopo il passaggio per queste zone di Roberto il Guiscardo al momento della conquista di Salerno, avvenuta nel 1706. Il Guiscardo, infatti, riteneva che il proprio dominio potesse essere consolidato solo se avesse avuto dalla sua parte il mondo ecclesiastico ed in particolare il clero diocesano. Proprio per tale motivo, si prodigò per far istituire più di una diocesi e per farne nominare i relativi vescovi.
Il periodo Angioino - Sant’Angelo dei Lombardi acquistò notevole importanza nel corso del periodo angioino, sia per la presenza del vescovado, sia perché ebbe come signori feudali, tra gli altri, i de Gianvilla, i Caracciolo e gli Imperiale. Durante il regno di Giovanna II d’Angiò, il feudo di Sant’Angelo fu concesso a Sergianni Caracciolo, il quale lo donò al fratello Marino. Sotto il dominio di quest’ultimo, nel 1432, l’Università di Sant’Angelo ottenne grazie e privilegi. Privilegi che migliorarono notevolmente anche durante il dominio dei vari baroni che si avvicendarono negli anni.
L’epoca moderna - Non è da dimenticare la grande e appassionata partecipazione dei santangiolesi ai moti risorgimentali. Nel paese sorsero ben quattro vendite della carboneria e furono molti quelli che pagarono di persona per le proprie idee liberali essendo processati e condannati al carcere o all’esilio oppure epurati dai loro incarichi. Sant’Angelo acquistò maggiore importanza durante il decennio napoleonico perché divenne capoluogo di uno dei tre circondari amministrativi in cui fu divisa la provincia di Avellino.
IL TERREMOTO DEL 1980
Si tratta di un evento che ha inciso in maniera significativa sulla storia di Sant’Angelo dei Lombardi e che ne ha cambiato il volto esterno e l’anima. Il Terremoto del 1980 ha segnato la storia dell’intera Irpinia. Abbiamo ritenuto, pertanto, che fosse necessario parlarne. Ma queste poche righe non hanno alcuna ambizione di esaustività o di giudizio. Non racconteremo di ciò che è avvenuto dopo: delle polemiche ancora aperte sulla ricostruzione, delle commissioni parlamentari d’inchiesta, dei fondi stanziati dallo Stato a favore delle popolazioni irpine. Di tutto ciò non ci interessa.
L’unica cosa che ci preme raccontare è cosa sia successo in quel tardo pomeriggio del novembre del 1980 e di come Sant’Angelo dei Lombardi e gli altri paesi colpiti dal sisma, abbiano vissuto quei momenti di dolore. Il terremoto colpì alle 19:30 di domenica 23 novembre 1980: una forte scossa di magnitudo 6,9 sulla scala Richter, della durata di circa 90 secondi con un ipocentro di circa 30 km di profondità. Colpì un'area che si estendeva dall'Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle provincie di Avellino, Salerno e Potenza.
Tra i comuni più duramente colpiti vi furono quelli di Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Torella dei Lombardi, Conza della Campania, Teora, Laviano, Baronissi e altri paesi limitrofi. Gli effetti si estesero però ad una zona molto più vasta interessando praticamente tutta l'area centro meridionale della penisola. I resoconti dell'Ufficio del Commissario Straordinario quantificarono i danni al patrimonio edilizio: più di 506 comuni presenti nelle province colpite dal sisma risultarono violentemente danneggiati. Le stime ufficiali parlarono di 280.000 sfollati, 8.848 feriti e circa 3.000 morti. Ma sono in molti a sostenere che le stime ufficiale non furono in grado di rispecchiare la reale entità della tragedia. Le tre provincie maggiormente colpite furono quelle di Avellino, Salerno e Potenza.
E nella provincia di Avellino, fu l’Irpinia a pagare il bilancio più caro sia i termini di danni al patrimonio edilizio che in termini di vite umane. L'entità drammatica del sisma non venne valutata da subito. I primi telegiornali parlarono di una «scossa di terremoto in Campania» dato che l'interruzione totale delle telecomunicazioni aveva impedito di lanciare l'allarme. Soltanto a notte inoltrata si cominciò a manifestare in maniera drammatica l’entità dell’evento. Da una prospezione effettuata nella mattinata del 24 novembre, tramite un elicottero, vennero rilevate le reali dimensioni del disastro. Uno dopo l'altro si aggiungevano i nomi dei comuni colpiti; interi nuclei urbani risultavano cancellati, decine e decine di altri erano stati duramente danneggiati.
Molto importante fu la descrizione storico-cronologica effettuata dal Quotidiano “Il Mattino” nei giorni successivi alla catastrofe. Il 24 novembre il giornale titolò «Un minuto di terrore - I morti sono centinaia». Il 25 novembre, appresa la gravità del sisma, si passò a «I morti sono migliaia -100.000 i senzatetto», fino al titolo che, apparso il 26 novembre, è passato alla storia nella sua drammaticità, tanto che la pagina è esposta in alcuni musei di tutto il mondo quale documentazione dell'evento: «Cresce in maniera catastrofica il numero dei morti (sono 10.000?) e dei rimasti senza tetto (250.000?) - FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla”.
Al di là del patrimonio edilizio, già fatiscente a causa dei terremoti del 1930 e 1962, un altro elemento che aggravò gli effetti della scossa fu il ritardo dei soccorsi. I motivi furono due: la difficoltà di accesso dei mezzi di soccorso nelle zone dell'entroterra, dovuta al cattivo stato della maggior parte delle infrastrutture, e la mancanza di un'organizzazione come la Protezione Civile che fosse capace di coordinare risorse e mezzi in maniera tempestiva e ottimale. Il primo a far presente questa grave mancanza è il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il 25 novembre, nonostante il parere contrario dell’allora Presidente del Consiglio Forlani, il Capo dello Stato si reca in elicottero sui luoghi della tragedia.
Di ritorno dall'Irpinia, in un discorso in TV rivolto agli italiani, denuncia con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi che arriveranno in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni. Le dure parole del Presidente della Repubblica causano l'immediata rimozione del Prefetto di Avellino Attilio Lobefalo, e le dimissioni dell'allora Ministro dell'Interno Virginio Rognoni. Tutto ciò che è accaduto dopo fa oramai parte dello scrigno dei ricordi delle persone che hanno vissuto quegli anni, di coloro che hanno dovuto faticosamente convivere con la perdita dei propri cari e che hanno assistito alla ricostruzione dei propri paesi. Il dopo-terremoto è un capitolo significativo della storia politica e sociale di tutta l’Italia...